L'ultimo sospetto
di MASSIMO GIANNINI
Diciassette anni per coronare un'avventura autocratica e populista, e trentotto leggi ad personam per piegare il codice penale all'interesse personale, non sono ancora bastati. Come l'ombra di Banco, l'ossessione giudiziaria di Silvio Berlusconi continua a dominare la scena. E grava pesantemente anche sulla "convergenza tripartita" che sostiene il governo "strano" di Mario Monti.
Il vertice di giovedì sera a Palazzo Chigi registra "passi avanti". Si parla di correzioni al disegno di legge anti-corruzione, con l'introduzione di nuovi reati (corruzione privata, traffico d'influenza), ma accompagnata dalla soppressione di altri più gravi (concussione). Si ipotizzano opportune modifiche al disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati, ma accompagnate dall'insensato rilancio della legge-bavaglio sulle intercettazioni. Segnali contraddittori, che fanno pensare. E ancora una volta fanno sospettare. Siamo di nuovo davanti a un Grande Ricatto, che presuppone un Grande Baratto? Il Cavaliere è pronto a rinunciare alla "vendetta" contro le toghe, in cambio di un'ultima norma su misura che lo salvi dal processo Ruby?
La giustizia penale e civile va riformata. Questo non è in discussione. Il valore politico e simbolico di questa riforma, soprattutto all'estero e soprattutto per le imprese, è pari a quella dell'articolo 18. Dunque, il presidente del Consiglio fa benissimo a imporla nell'agenda, e ad esigere che Alfano, Bersani e Casini ne due giorni fa.Il nodo vero è capire perché si fa e a chi giova la riforma. Sul fronte penale, l'Italia tuttora martoriata dagli scandali ha una priorità assoluta: varare al più presto una seria legge contro la corruzione, un cancro che secondo la Corte dei conti "costa" ogni anno più di 60 miliardi.
Il disegno di legge varato dal Pdl prima della caduta del governo Berlusconi giace alla Camera, in Commissione Giustizia e Affari Costituzionali. Il Guardasigilli Paola Severino, su mandato di Monti, vuole rafforzare e migliorare quel testo. Su come rafforzarlo nel merito, i tre leader di Pdl, Pd e Udc durante il vertice di maggioranza pare non siano scesi ufficialmente in dettaglio. Avrebbero convenuto sul metodo, cioè sull'opportunità di procedere con un emendamento, che assicura un iter più rapido rispetto a una legge delega. E questo sarebbe tutto.
Ma le diplomazie dei partiti, più o meno segretamente, sono al lavoro da tempo. Ed è qui che si nascondono il ricatto, e forse anche il baratto. Dietro lo specchietto delle allodole di un inasprimento delle pene per la corruzione e per l'estorsione aggravata, oltre che dell'introduzione di nuove fattispecie di reato come la corruzione privata e il traffico d'influenze, la norma-chiave del pacchetto di modifiche di cui si sta discutendo riguarda la soppressione del reato di concussione.
Una modifica alla quale l'avvocato-parlamentare del Cavaliere, Niccolò Ghedini, tiene più che a ogni altra. Si tratta di abolire l'articolo 317 del codice penale, che prevede una pena fino a 12 anni per chiunque, abusando della propria posizione di pubblico ufficiale, ottenga da un altro soggetto denaro o altri vantaggi per sé o per un terzo. Perché sia così utile cancellare questa norma è evidente: la concussione (insieme alla prostituzione minorile) è uno dei due reati per i quali è imputato Berlusconi, nel processo su Ruby Rubacuori.
Fu esattamente abusando della sua posizione di pubblico ufficiale (nel caso specifico, presidente del Consiglio) che il Cavaliere chiese ed ottenne da un funzionario, durante la famosa telefonata notturna alla Questura di Milano, il rilascio della ragazza marocchina perché "nipote di Mubarak".
Se dunque nel disegno di legge anti-corruzione passasse l'emendamento che cancella il reato di concussione dal codice, Berlusconi sarebbe salvo anche da questo processo incardinato a Milano. Questa sarebbe per lui una causa immediata di proscioglimento. Resterebbe il reato di prostituzione minorile, più difficile da provare, con pena inferiore e termini di prescrizione ridotti. A questo punta Ghedini, il Dottor Stranamore del Pdl. Il paradosso è che, a dargli una mano, è stato il Pd, come ha anticipato il "Sole 24 Ore" il 2 marzo.
In commissione i democratici (dopo averlo presentato una prima volta e poi ritirato a Palazzo Madama nel giugno 2011) hanno infatti ri-presentato un emendamento che abroga la concussione, e ne riassorbe la fattispecie nei reati di corruzione allargata ed estersione aggravata. Una mossa incomprensibile, che da quanto si sa ha destato persino una certa "attenzione" da parte del Quirinale. Donatella Ferranti e Andrea Orlando, come altri colleghi del Pdl e dell'Udc, la giustificano con i ripetuti richiami degli organismi europei e sovra-nazionali, che da oltre due anni chiedono all'Italia di rafforzare le norme contro la corruzione e a correggere quelle sulla concussione.
L'argomento è debole. Gli obiettivi voluti dall'Ocse hanno un'impronta restrittiva, e non vanno nella direzione abrogativa voluta dal Pd. Nella concussione italiana il "concusso" è considerato vittima e dunque non è punibile, e questo (secondo l'Organizzazione dei Paesi industrializzati) può rappresentare un freno all'investigazione e alla repressione dei fenomeni di corruzione internazionale.
C'è allora da chiedersi il perché, di questa convergenza trasversale sul colpo di spugna della concussione, che avrebbe un effetto immediato su un processo in corso molto delicato e imbarazzante per il "Papi" di Arcore. C'è da chiedersi perché ci si concentri su questo, invece di riscrivere le norme scellerate come la ex Cirelli sulla prescrizione, che ogni anno "brucia" 169 mila processi e "scagiona" soprattutto gli imputati per corruzione.
E c'è da chiedersi perché, mentre alla Camera la "convergenza tripartita" si applica a questa nuova ipotesi di compromesso "ad personam", al Senato il Pdl è pronto a mitigare di molto le norme di un altro disegno di legge che ha spaccato le istituzioni e il Paese, quello sulla responsabilità civile dei magistrati. Un blitz del leghista Pini, nella prima lettura di Montecitorio, lo aveva incattivito in modo intollerabile, aggiungendo alle cause di responsabilità diretta e personale delle toghe non solo il dolo e la colpa grave, ma anche la "manifesta violazione del diritto".
Ora il Popolo delle Libertà, come ha annunciato Alfano al vertice di giovedì sera da Monti, fa retromarcia e ri-rompe l'asse con la Lega. Ridicolo pensare che lo abbia convinto il parere unanime del Csm, che giudica questa norma tanto "devastante" da causare "l'implosione del sistema giudiziario". E allora perché lo fa? Cosa è cambiato dal mese scorso, quando la ex maggioranza forzaleghista si ricompose per un giorno, mandando sotto il governo?
Sono domande che per ora non hanno risposta. Ma se i fatti hanno ancora una logica, una risposta si può trovare. Nello schema da Grosse Koalition all'italiana, che pure sta obiettivamente salvando l'Italia dalla tempesta finanziaria, forse c'è ancora bisogno di un altro salvacondotto per il Cavaliere. C'è ancora bisogno di un ultimo atto da "stato di eccezione", che ha drammaticamente segnato il quasi Ventennio berlusconiano. Se è così, almeno lo si dica ai cittadini italiani. La politica ci metta la faccia. Alla luce del sole. Non al buio dei vertici notturni della "non-maggioranza".
m.giannini@repubblica.it
la scimmia sul banano
sabato 17 marzo 2012
L'EDITORIALE
domenica 18 settembre 2011
Maledette le intercettazioni
......
Movimento Antiberlusconiano Italiano
Dal commento di E. Scalfari (La Repubblica)
Un capo di governo ricattabile è un pericolo gravissimo, non sostenibile in nessun Paese del mondo. I magistrati di Bari sono stati finora prudenti: alcune intercettazioni assai sconvenienti verso capi di governo stranieri (Merkel, Sarkozy) non sono state allegate all'ordinanza comunicata alle parti, per evitare una vera e propria crisi diplomaticamente squalificante. Non toglie che quelle frasi sono state dette da un premier evidentemente fuori controllo.
Un personaggio in queste condizioni continuerà a governare, con la maggioranza di Scilipoti fino al 2013?
ed i giornalisti che le pubblicano !
Mia moglie ,
non appena saputo che
Silvio se ne è fatte 8 in una notte ,
... mi ha cacciato di casa....
per manifesta incapacità !!!!
Che ti ridi ,
cretino ,
aspetta che anche
alla tua arrivi la notizia ,
che poi
facciamo la conta
degli sfollati !!!!
Bruno Panuccio
---------------
Bruno Panuccio
oggi il TG 1
ha rimarcato il fatto
che l'incontro tra Silvio e Buzek
non è durato 2 minuti
come anticipato malignamente
... dalla stampa disfattista comunista,
bensì il colloquio privato
è durato ben 52 minuti.
Hanno però omesso di dire che
solo i 2 minuti previsti
son stati spesi sulla manovra finanziaria...
Il resto del tempo
lo hanno impiegato
a sfogliare l'album fotografico
che il premier italiano
aveva con sé....
Pare fossero ritratte nude le famose ragazze
delle cenette conviviali....
Movimento Antiberlusconiano Italiano
Dal commento di E. Scalfari (La Repubblica)
Un capo di governo ricattabile è un pericolo gravissimo, non sostenibile in nessun Paese del mondo. I magistrati di Bari sono stati finora prudenti: alcune intercettazioni assai sconvenienti verso capi di governo stranieri (Merkel, Sarkozy) non sono state allegate all'ordinanza comunicata alle parti, per evitare una vera e propria crisi diplomaticamente squalificante. Non toglie che quelle frasi sono state dette da un premier evidentemente fuori controllo.
Un personaggio in queste condizioni continuerà a governare, con la maggioranza di Scilipoti fino al 2013?
sabato 17 settembre 2011
Altro che gossip, quelle intercettazioni descrivono il sistema di potere in Italia
Lettera a Terry De Nicolò, da donna a donna .
Lunedì 19 Settembre 2011 16:52 . .
di Giulia Zanotti e Maria La Calce
Cara Terry De Nicolò,
Siamo due giornaliste che hanno deciso di rispondere alla tua video-intervista che sta facendo il giro del web. Vogliamo parlarti non in quanto croniste, ma da donne a donna.Ci spiace deluderti, ma non facciamo parte della schiera di quelle che, come dici tu, sono disposte ad andare a piedi da Berlusconi, anzi, di corsa, pur di partecipare alle sue serate particolari.
Certo, sono molte le ragazze che, come tu racconti, pur di avere un vestito firmato o un diamante al collo passerebbero sui cadaveri delle proprie madri, ma per fortuna ancora si può evitare di generalizzare.
E non è certo l'invidia a farci parlare così.
Magari non indoseremo gli abiti da cinquemila euro, necessari per partecipare alle feste di Arcore, nè avremo quella bellezza, che tu ritieni un valore che va pagato e a caro prezzo. Per fortuna noi siamo fiere di non essere delle tangenti.
Tu sostieni che da che mondo e mondo il ruolo della donna sarebbe questo e «chi non usa la donna, userà le mazzette», riducendo così il gentil sesso a strumento del potere.Ma ti accontenti davvero di valere così poco?
Tu che ostenti l'idea di un mondo in cui bisogna sceglire da che parte stare, con i potenti ed essere leoni o coi perdenti che sono solo delle pecore, accetti di essere niente altro che una bustarella?Merce di scambio tra due potenti, che a te, della loro grandezza, lasciano solo qualche vestito o un monile?
Beh, sappi che di donne che non guadagnano neppure i duemila euro da te tanto disprezzati ce ne sono molte, la maggior parte e queste non sono pecore: sono donne che non misurano la loro dignità sul costo di un abito.
Donne lavoratrici, professioniste, mamme, precarie, disoccupate e che contribuiscono ogni giorno a dimostrare che la società italiana non è solo quella delle veline, delle escort e dei "calpestatori di cadaveri". Detenute, vittime di sobrusi, sfruttate sui marciapiedi, violentate nei corpi e nelle menti. Ma che ogni giorno alzano la testa e non smettono di sperare e lottare. Perchè ci vuole molto più coraggio ad alzarsi la mattina, andare al lavoro, magari senza nemmeno uno stipendio sicuro, e nel contempo occuparsi dei propri figli, che ad andare a letto con qualcuno in cambio di regali costosi.
Forse proprio per rispetto di queste tue sorelle, che sanno cosa vogliono dire sacrificio e fatica, sarebbe meglio che, se proprio vuoi essere una tangente, ci evitassi almeno le tue lezioni di morale, anche perché stai solo dimostrando di essere figlia del berlusconismo più becero.
Quello che ha messo in ginocchio il nostro Paese. E di questo noi, fossimo al tuo posto, non ne saremmo così fiere.
.pubblicata da Lucia Delgrosso sabato 17 settembre 2011 alle ore 20.32.
La ascoltavo e pensavo alle metafore.
C'è chi le tiene in grande considerazione, Borges per esempio: arrivò a scrivere che la storia del mondo non è altro che la storia di tre o quattro metafore. Doveva immaginarsele come stelle comete che guidano il cammino dell'umanità, splendenti e lunimose, una meraviglia.
Avrebbe dovuto scontrarsi con quella che avevo sotto gli occhi io sotto le forme di Terry De Nicolò. Una stella di cartone sgualcita.
Perché non c'è dubbio che Terry De Nicolò più che una donna è una metafora, è il riassunto di un'epoca e della sua condizione femminile, ogni epoca ha le metafore che si merita e noi evidentemente tocca questa, non ci spetta niente di meglio di questo assemblaggio sgrammaticato di cinismo, puttanesimo, edonismo e mancanza di scrupoli così magistralmente raccontato da una escort dai tratti duri che sembrano tagliati da una scure e lo sguardo non più espressivo di una triglia surgelata. E come le metafore anche Terry è inconsapevole.
Le metafore non hanno uno sguardo sul mondo, sono uno sguardo del mondo, come Terry, l'arrogante e sicura Terry che pensa di essere l'artefice del suo destino, di avere le redini della sua vita, di saper valorizzare bene i suoi talenti, e non si accorge invece di essere un prodotto.
Neanche prezioso, solo una merce dozzinale che invece di stare su una bancarella di un mercato rionale sta nella vetrina di un gioielliere, ma ugualmente maneggiata da dita sgraziate e volgari. Un prodotto dell'ultima evoluzione del capitalismo, il più selvaggio da sempre, pervasivo come quella marmellata appiccicosa del film Blob che si infiltra in tutti gli angoli dell'umanità e invade anche quello che mercato non dovrebbe essere: la bellezza, i sentimenti, le passioni, l'intimità. E distrugge quello di cui si serve, la Terra come il Lavoro.
Era più clemente, il capitalismo di prima delle ultime trasformazioni, più morale, sfruttava il Lavoro, ma ne riconosceva almeno la dignità. Almeno rispettava il Lavoro come dedizione, impegno, professionalità. Gli serviva, questo Lavoro qui fatto di fatica e serietà e non improvvisazione.
Perciò cercava di fidelizzare i lavoratori all'impresa. E per fidelizzarli qualche soddisfazione devi dargliela, gli devi lasciare l'orgoglio di gente seria che riceve riconoscimento sociale preché sa fare bene il suo mestiere e non si fa strada con raggiri ed espedienti. Ma se l'esigenza è quella della flessibilità e non più della professionalità, se non per nicchie che si collocano nelle fascia alta del mercato del lavoro, allora nobilitare il Lavoro non serve più, anzi è deleterio, è più funzionale un corpo sociale di pirati in competizione tra di loro che non hanno tempo di dedicarsi a costruire le loro competenze, i pirati fanno le scorribande. E nel mondo del Lavoro antico un po' di posto per le donne c'era, stupida Terry, le donne faticavano il doppio, ma qualche opportunità ce l'avevano, se si dedicavano ad apprendere una professione: alla fine, se facevi i sacrifici, ce la facevi ad avere riconosciuta la tua dignità.
Ma in un mondo di pirati non c'è storia, Terry cretina, nel mondo della filibusta una donna è solo una preda, il suo destino è un harem, se non te ne sei accorta, tu che credi di emergere. Borghes avrebbe dovuto vedere Terry, se la sarebbe levata di testa quella bizzarra idea che la storia del mondo è la storia di tre o quattro metafore. Si sarebbe convinto anche lui che è lotta di classe.
.
In questa intervista di Terry De Nicolò (vedi video sotto), una delle predilette di Giampaolo Tarantini, una delle poche escort bipartisan, c'è tutto quello che serve per capire i nostri tempi.
Prima di guardarla, voglio fare una premessa. Racchiudere le intercettazioni e le interviste di questi giorni all'interno della categoria del gossip è pericoloso perché è un'interpretazione riduttiva e superficiale.
Resta gossip se ci si ferma ai dettagli sull'altezza del Premier, sulle prestazioni vere e presunte, sui commenti personali, che non aggiungono nulla né alle indagini né all'analisi. Compito dei giornalisti è andare oltre, raccontare i modelli sociali, culturali, le cause e gli effetti di queste dichiarazioni.
È facile vendere i giornali con questo genere di notizie, che interessano tutti e indistintamente: è molto più difficile evitare che queste notizie passino inosservate, magari inoculando valori e modelli a un pubblico che ha un livello di autodifesa molto limitato ("sto leggendo intercettazioni, mica questi vogliono cambiare il mio modo di pensare", penserà qualcuno).
In questi giorni stiamo assistendo alla istituzionalizzazione di un'egemonia culturale (o sottoculturale, citando Panarari) basata su pochi punti che descrivono il sistema di potere italiano dei nostri tempi.
Anche se ci piacerebbe pensarlo, questi punti non fanno parte solamente di una dinamica interna a Palazzo Grazioli, ma sono un modo (trasversale: la De Nicolò ha offerto i suoi servizi a destra e a sinistra) di intendere le cose.
Terry De Nicolò, nel suo (non si sa quanto volontario) trattato di antropologia consegnato a L'Ultima Parola, Rai2, Gianluigi Paragone, leghista di osservanza berlusconiana, descrive l'Italia con cinque immagini chiarissime e, temo, non del tutto minoritarie.
Chi era Giampaolo Tarantini? Un imprenditore di grande successo secondo Terry de Nicolò. E poco importa che ora sia in carcere, con la moglie agli arresti domiciliari, con debiti un po' dovunque, l'immagine pubblica compromessa. Doveva usare Berlusconi, è stato usato. Ma alla De Nicolò non importa, ha vissuto giorni da leone mentre gli altri vivranno anni da pecora. La metafora mussoliniana, buttata lì come se fosse una frase fatta, è in realtà il perno di tutto il ragionamento. Chi è forte vince, chi è debole resta a casa. Chi vuole guadagnare deve vendere sua madre. Chi non lo fa resta povero. Poco importa che le regole del gioco siano interpretate in modo diverso dai leoni e dalle pecore. Prima traslazione: si passa dal confronto tra chi rispetta le regole e chi non le rispetta, alla sfida tra forte e debole. Dove chi fa cose illegali diventa forte ed è dunque socialmente legittimato.
Seconda traslazione, classica: si sposta il problema dall'argomento alla persona, dal comportamento al sentimento. Chi 'non ce l'ha fatta', a sentire l'intervista, non ha diritto di parola perché l'unico sentimento che muove le loro parole non è il desiderio che la legge sia uguale per tutti, ma solamente di sostituirsi a Tarantini (o Berlusconi). E non vi azzardate a dire che Berlusconi si pagava le compagnie: c'è la gente che fa la coda per stare con lui.
Le tangenti sono sempre esistite. Che siano donne o mazzette, poco importa. E sono uno strumento indispensabile. Chi vuole guadagnare deve 'rischiare il culo'. Anche qui, traslazione di un concetto: dal merito al caso, dal lavoro alla fortuna, dal metodo alla scorciatoia. È il mercato che impone questo comportamento, bisogna passare 'sui cadaveri' per salire e avere successo. La cooperazione, il senso di comunità, il senso dello Stato, sono cose da sfigati.
È l'ennesima prova che l'antropologia berlusconiana ha raggiunto il suo obiettivo e non solo tra i suoi elettori: abbiamo trasformato ogni cosa in un oggetto che si può comprare e vendere.
Dall'etica al voto in Parlamento, dal calciatore del Milan alla compagnia di donne altrimenti inarrivabili, tutto si può avere perché tutto si può pagare. E chi 'rompe i coglioni', cioè le donne che non accettano questo meccanismo, deve 'restare a casa'.
Insomma, chi non si prostituisce fa male. E chi va in giro con una 'pezza da 100 euro', non è presentabile: per andare a Palazzo Grazioli devi indossare almeno capi per almeno duemila euro. Se si alza l'asticella a questo modo, le mitiche buste del ragionier Spinelli non appaiono più cifre irragionevoli, ma coerenti con lo stile di vita di tutti gli ospiti, con annesso tentativo di depotenziare l'accusa di sfruttamento della prostituzione che è mossa da diverse Procure, per diversi indagati e con diverse prove e intercettazioni a testimoniarlo.
Quarta traslazione: si passa dall'acquisto al regalo, dalla prestazione al favore, dalla prostituzione al rapporto consensuale.
Ultima traslazione: dalla lotta politica alla lotta della prostituzione, dalle differenze culturali a quelle sessuali.
Il volto dell'egemonia berlusconiana è perfetto: una buona parte di elettorato, colto e di sinistra, non va oltre il 'puttana', e lascia cadere quelle frasi che, al massimo, sembrano provocazioni.
Chi ha già qualche batterio dell'egemonia all'interno del sistema sanguigno, e probabilmente già vota Berlusconi, si fa sedurre da una prostituta non colta, apparentemente a portata di mano, seducente perché 'cattiva' .
Si sente così autorizzato a diffondere questa egemonia auto-assolvente e a combattere contro l'altra parte d'Italia provando a sdoganare l'illegalità, la furbizia, il ruolo squalificato della donna.
E a differenza di Gramsci o dello stesso Berlusconi, la De Nicolò parla all'Italia intera. Per questo dobbiamo provare a mettere in campo cinque regole d'ingaggio nella lettura delle intercettazioni di questi giorni:
1. Ignorare le abitudini sessuali di Berlusconi: non importa come fa sesso, importano le conseguenze delle sue azioni;
2. Non ignorare, invece, l'assenza di coerenza tra i suoi comportamenti privati e i suoi comportamenti politici: non si può fare la battaglia culturale sul crocifisso per poi usarlo tra le tette della Minetti;
3. Mettere al centro il rapporto causa-effetto: la donna che si è prostituita ha avuto favori professionali, magari in organizzazioni pubbliche? E l'uomo che ha portato le prostitute a Berlusconi ha ottenuto appalti, consulenze, contratti, senza regolare verifica delle competenze?
4. Evitare di fare il tifo per qualcuno e aspettare la fine delle indagini: la Arcuri è passata in 36 ore da santa a 'una delle tante': non c'è modo migliore per far passare l'opinione pubblica come un branco di forcaioli celebrolesi;
5. Chiedere, ogni giorno, al centrosinistra di mettere alla porta chiunque utilizzi i metodi dell'egemonia culturale berlusconiana per le proprie rendite di potere.
Dino Amenduni
@valigia blu - riproduzione consigliata
Lunedì 19 Settembre 2011 16:52 . .
di Giulia Zanotti e Maria La Calce
Cara Terry De Nicolò,
Siamo due giornaliste che hanno deciso di rispondere alla tua video-intervista che sta facendo il giro del web. Vogliamo parlarti non in quanto croniste, ma da donne a donna.Ci spiace deluderti, ma non facciamo parte della schiera di quelle che, come dici tu, sono disposte ad andare a piedi da Berlusconi, anzi, di corsa, pur di partecipare alle sue serate particolari.
Certo, sono molte le ragazze che, come tu racconti, pur di avere un vestito firmato o un diamante al collo passerebbero sui cadaveri delle proprie madri, ma per fortuna ancora si può evitare di generalizzare.
E non è certo l'invidia a farci parlare così.
Magari non indoseremo gli abiti da cinquemila euro, necessari per partecipare alle feste di Arcore, nè avremo quella bellezza, che tu ritieni un valore che va pagato e a caro prezzo. Per fortuna noi siamo fiere di non essere delle tangenti.
Tu sostieni che da che mondo e mondo il ruolo della donna sarebbe questo e «chi non usa la donna, userà le mazzette», riducendo così il gentil sesso a strumento del potere.Ma ti accontenti davvero di valere così poco?
Tu che ostenti l'idea di un mondo in cui bisogna sceglire da che parte stare, con i potenti ed essere leoni o coi perdenti che sono solo delle pecore, accetti di essere niente altro che una bustarella?Merce di scambio tra due potenti, che a te, della loro grandezza, lasciano solo qualche vestito o un monile?
Beh, sappi che di donne che non guadagnano neppure i duemila euro da te tanto disprezzati ce ne sono molte, la maggior parte e queste non sono pecore: sono donne che non misurano la loro dignità sul costo di un abito.
Donne lavoratrici, professioniste, mamme, precarie, disoccupate e che contribuiscono ogni giorno a dimostrare che la società italiana non è solo quella delle veline, delle escort e dei "calpestatori di cadaveri". Detenute, vittime di sobrusi, sfruttate sui marciapiedi, violentate nei corpi e nelle menti. Ma che ogni giorno alzano la testa e non smettono di sperare e lottare. Perchè ci vuole molto più coraggio ad alzarsi la mattina, andare al lavoro, magari senza nemmeno uno stipendio sicuro, e nel contempo occuparsi dei propri figli, che ad andare a letto con qualcuno in cambio di regali costosi.
Forse proprio per rispetto di queste tue sorelle, che sanno cosa vogliono dire sacrificio e fatica, sarebbe meglio che, se proprio vuoi essere una tangente, ci evitassi almeno le tue lezioni di morale, anche perché stai solo dimostrando di essere figlia del berlusconismo più becero.
Quello che ha messo in ginocchio il nostro Paese. E di questo noi, fossimo al tuo posto, non ne saremmo così fiere.
LA MORALE DI TERRY
.pubblicata da Lucia Delgrosso sabato 17 settembre 2011 alle ore 20.32.
La ascoltavo e pensavo alle metafore.
C'è chi le tiene in grande considerazione, Borges per esempio: arrivò a scrivere che la storia del mondo non è altro che la storia di tre o quattro metafore. Doveva immaginarsele come stelle comete che guidano il cammino dell'umanità, splendenti e lunimose, una meraviglia.
Avrebbe dovuto scontrarsi con quella che avevo sotto gli occhi io sotto le forme di Terry De Nicolò. Una stella di cartone sgualcita.
Perché non c'è dubbio che Terry De Nicolò più che una donna è una metafora, è il riassunto di un'epoca e della sua condizione femminile, ogni epoca ha le metafore che si merita e noi evidentemente tocca questa, non ci spetta niente di meglio di questo assemblaggio sgrammaticato di cinismo, puttanesimo, edonismo e mancanza di scrupoli così magistralmente raccontato da una escort dai tratti duri che sembrano tagliati da una scure e lo sguardo non più espressivo di una triglia surgelata. E come le metafore anche Terry è inconsapevole.
Le metafore non hanno uno sguardo sul mondo, sono uno sguardo del mondo, come Terry, l'arrogante e sicura Terry che pensa di essere l'artefice del suo destino, di avere le redini della sua vita, di saper valorizzare bene i suoi talenti, e non si accorge invece di essere un prodotto.
Neanche prezioso, solo una merce dozzinale che invece di stare su una bancarella di un mercato rionale sta nella vetrina di un gioielliere, ma ugualmente maneggiata da dita sgraziate e volgari. Un prodotto dell'ultima evoluzione del capitalismo, il più selvaggio da sempre, pervasivo come quella marmellata appiccicosa del film Blob che si infiltra in tutti gli angoli dell'umanità e invade anche quello che mercato non dovrebbe essere: la bellezza, i sentimenti, le passioni, l'intimità. E distrugge quello di cui si serve, la Terra come il Lavoro.
Era più clemente, il capitalismo di prima delle ultime trasformazioni, più morale, sfruttava il Lavoro, ma ne riconosceva almeno la dignità. Almeno rispettava il Lavoro come dedizione, impegno, professionalità. Gli serviva, questo Lavoro qui fatto di fatica e serietà e non improvvisazione.
Perciò cercava di fidelizzare i lavoratori all'impresa. E per fidelizzarli qualche soddisfazione devi dargliela, gli devi lasciare l'orgoglio di gente seria che riceve riconoscimento sociale preché sa fare bene il suo mestiere e non si fa strada con raggiri ed espedienti. Ma se l'esigenza è quella della flessibilità e non più della professionalità, se non per nicchie che si collocano nelle fascia alta del mercato del lavoro, allora nobilitare il Lavoro non serve più, anzi è deleterio, è più funzionale un corpo sociale di pirati in competizione tra di loro che non hanno tempo di dedicarsi a costruire le loro competenze, i pirati fanno le scorribande. E nel mondo del Lavoro antico un po' di posto per le donne c'era, stupida Terry, le donne faticavano il doppio, ma qualche opportunità ce l'avevano, se si dedicavano ad apprendere una professione: alla fine, se facevi i sacrifici, ce la facevi ad avere riconosciuta la tua dignità.
Ma in un mondo di pirati non c'è storia, Terry cretina, nel mondo della filibusta una donna è solo una preda, il suo destino è un harem, se non te ne sei accorta, tu che credi di emergere. Borghes avrebbe dovuto vedere Terry, se la sarebbe levata di testa quella bizzarra idea che la storia del mondo è la storia di tre o quattro metafore. Si sarebbe convinto anche lui che è lotta di classe.
.
In questa intervista di Terry De Nicolò (vedi video sotto), una delle predilette di Giampaolo Tarantini, una delle poche escort bipartisan, c'è tutto quello che serve per capire i nostri tempi.
Prima di guardarla, voglio fare una premessa. Racchiudere le intercettazioni e le interviste di questi giorni all'interno della categoria del gossip è pericoloso perché è un'interpretazione riduttiva e superficiale.
Resta gossip se ci si ferma ai dettagli sull'altezza del Premier, sulle prestazioni vere e presunte, sui commenti personali, che non aggiungono nulla né alle indagini né all'analisi. Compito dei giornalisti è andare oltre, raccontare i modelli sociali, culturali, le cause e gli effetti di queste dichiarazioni.
È facile vendere i giornali con questo genere di notizie, che interessano tutti e indistintamente: è molto più difficile evitare che queste notizie passino inosservate, magari inoculando valori e modelli a un pubblico che ha un livello di autodifesa molto limitato ("sto leggendo intercettazioni, mica questi vogliono cambiare il mio modo di pensare", penserà qualcuno).
In questi giorni stiamo assistendo alla istituzionalizzazione di un'egemonia culturale (o sottoculturale, citando Panarari) basata su pochi punti che descrivono il sistema di potere italiano dei nostri tempi.
Anche se ci piacerebbe pensarlo, questi punti non fanno parte solamente di una dinamica interna a Palazzo Grazioli, ma sono un modo (trasversale: la De Nicolò ha offerto i suoi servizi a destra e a sinistra) di intendere le cose.
Terry De Nicolò, nel suo (non si sa quanto volontario) trattato di antropologia consegnato a L'Ultima Parola, Rai2, Gianluigi Paragone, leghista di osservanza berlusconiana, descrive l'Italia con cinque immagini chiarissime e, temo, non del tutto minoritarie.
a. Per raggiungere il successo vale tutto
Chi era Giampaolo Tarantini? Un imprenditore di grande successo secondo Terry de Nicolò. E poco importa che ora sia in carcere, con la moglie agli arresti domiciliari, con debiti un po' dovunque, l'immagine pubblica compromessa. Doveva usare Berlusconi, è stato usato. Ma alla De Nicolò non importa, ha vissuto giorni da leone mentre gli altri vivranno anni da pecora. La metafora mussoliniana, buttata lì come se fosse una frase fatta, è in realtà il perno di tutto il ragionamento. Chi è forte vince, chi è debole resta a casa. Chi vuole guadagnare deve vendere sua madre. Chi non lo fa resta povero. Poco importa che le regole del gioco siano interpretate in modo diverso dai leoni e dalle pecore. Prima traslazione: si passa dal confronto tra chi rispetta le regole e chi non le rispetta, alla sfida tra forte e debole. Dove chi fa cose illegali diventa forte ed è dunque socialmente legittimato.
b. Chi è onesto e critica il disonesto è solo invidioso
Seconda traslazione, classica: si sposta il problema dall'argomento alla persona, dal comportamento al sentimento. Chi 'non ce l'ha fatta', a sentire l'intervista, non ha diritto di parola perché l'unico sentimento che muove le loro parole non è il desiderio che la legge sia uguale per tutti, ma solamente di sostituirsi a Tarantini (o Berlusconi). E non vi azzardate a dire che Berlusconi si pagava le compagnie: c'è la gente che fa la coda per stare con lui.
c. Gli onesti non hanno nessuna possibilità di 'vincere'
Le tangenti sono sempre esistite. Che siano donne o mazzette, poco importa. E sono uno strumento indispensabile. Chi vuole guadagnare deve 'rischiare il culo'. Anche qui, traslazione di un concetto: dal merito al caso, dal lavoro alla fortuna, dal metodo alla scorciatoia. È il mercato che impone questo comportamento, bisogna passare 'sui cadaveri' per salire e avere successo. La cooperazione, il senso di comunità, il senso dello Stato, sono cose da sfigati.
d. La donna, per avere successo, si deve vendereLe donne (tutte, ad ascoltare la De Nicolò) corrono per andare da Berlusconi e devono avere il diritto di potersi vendere, perché la bellezza ha un valore. E il valore della bellezza è pari al talento nella medicina, alla competenza professionale.
È l'ennesima prova che l'antropologia berlusconiana ha raggiunto il suo obiettivo e non solo tra i suoi elettori: abbiamo trasformato ogni cosa in un oggetto che si può comprare e vendere.
Dall'etica al voto in Parlamento, dal calciatore del Milan alla compagnia di donne altrimenti inarrivabili, tutto si può avere perché tutto si può pagare. E chi 'rompe i coglioni', cioè le donne che non accettano questo meccanismo, deve 'restare a casa'.
Insomma, chi non si prostituisce fa male. E chi va in giro con una 'pezza da 100 euro', non è presentabile: per andare a Palazzo Grazioli devi indossare almeno capi per almeno duemila euro. Se si alza l'asticella a questo modo, le mitiche buste del ragionier Spinelli non appaiono più cifre irragionevoli, ma coerenti con lo stile di vita di tutti gli ospiti, con annesso tentativo di depotenziare l'accusa di sfruttamento della prostituzione che è mossa da diverse Procure, per diversi indagati e con diverse prove e intercettazioni a testimoniarlo.
Quarta traslazione: si passa dall'acquisto al regalo, dalla prestazione al favore, dalla prostituzione al rapporto consensuale.
e. Chi la pensa diversamente è comunista, cattolico o sfigatoLa De Nicolò si incazza perché chi la pensa diversamente da lei è un 'moralista'. La sinistra vuole far guadagnare tutti allo stesso modo (dice 2000 euro al mese, mostrando un evidente distacco dalla realtà), tutti devono avere gli stessi diritti: "no, no, no!". Ma la mazzata è più dura quando si usano le categorie dell'antropologia berlusconiana, e non solo la politica, per attaccare l'attuale opposizione: non solo quelli di sinistra sono culturalmente uguali a destra quando si tratta di gestire il potere, ma nel campo del rapporto tra sesso e potere riescono, in ogni caso, a fare peggio.
Ultima traslazione: dalla lotta politica alla lotta della prostituzione, dalle differenze culturali a quelle sessuali.
Il volto dell'egemonia berlusconiana è perfetto: una buona parte di elettorato, colto e di sinistra, non va oltre il 'puttana', e lascia cadere quelle frasi che, al massimo, sembrano provocazioni.
Chi ha già qualche batterio dell'egemonia all'interno del sistema sanguigno, e probabilmente già vota Berlusconi, si fa sedurre da una prostituta non colta, apparentemente a portata di mano, seducente perché 'cattiva' .
Si sente così autorizzato a diffondere questa egemonia auto-assolvente e a combattere contro l'altra parte d'Italia provando a sdoganare l'illegalità, la furbizia, il ruolo squalificato della donna.
E a differenza di Gramsci o dello stesso Berlusconi, la De Nicolò parla all'Italia intera. Per questo dobbiamo provare a mettere in campo cinque regole d'ingaggio nella lettura delle intercettazioni di questi giorni:
1. Ignorare le abitudini sessuali di Berlusconi: non importa come fa sesso, importano le conseguenze delle sue azioni;
2. Non ignorare, invece, l'assenza di coerenza tra i suoi comportamenti privati e i suoi comportamenti politici: non si può fare la battaglia culturale sul crocifisso per poi usarlo tra le tette della Minetti;
3. Mettere al centro il rapporto causa-effetto: la donna che si è prostituita ha avuto favori professionali, magari in organizzazioni pubbliche? E l'uomo che ha portato le prostitute a Berlusconi ha ottenuto appalti, consulenze, contratti, senza regolare verifica delle competenze?
4. Evitare di fare il tifo per qualcuno e aspettare la fine delle indagini: la Arcuri è passata in 36 ore da santa a 'una delle tante': non c'è modo migliore per far passare l'opinione pubblica come un branco di forcaioli celebrolesi;
5. Chiedere, ogni giorno, al centrosinistra di mettere alla porta chiunque utilizzi i metodi dell'egemonia culturale berlusconiana per le proprie rendite di potere.
Dino Amenduni
@valigia blu - riproduzione consigliata
giovedì 1 settembre 2011
Mistero Svelato
mercoledì 31 agosto 2011Il
Chissà che essere alieno ha partorito in qualche mostruosa regione del cervello il personaggio di Maurizio Gasparri. È la storia dell’uomo qualunque, preso a caso per la strada mentre va a prendere il cappuccino al bar, che di colpo diventa un politico, un parlamentare, perfino un ministro della Repubblica. Sembra una bella favola.
Troppo facile per comici e caricaturisti sfruttarne l’immagine per fare il loro lavoro.
Io sono al ligio al detto che a tutto c’è una ragione.
Quindi anche all’esistenza di Gasparri.
Dopo anni di studio sono arrivato alla soluzione.
Da quando è sceso nell’agone politico nazionale intuivo che il volto e l’espressione di Gasparri – che paiono scompaginati da un recentissimo scoppio di un petardo – ci dicono qualche cosa di importante.
Ma non capivo cosa. L’atra sera nel corso di un Tiggì sono stato colto dall’illuminazione.
Il volto e l’espressione di Gasparri ci dicono che la politica italiana terrorizza per primi gli artefici stessi. Non la capiscono e non la controllano più. Non ne sono i protagonisti, ma le vittime.
Le parole con le quali tentano di spiegarci in pochi secondi quello che non hanno affatto capito servono soprattutto – se non solamente – a rassicurare loro stessi.
Fateci caso: ogni colpo di telecamera, ogni domanda (anche la più semplice tipo: che caldo che fa) coglie il senatore Gasparri attonito e stralunato, come la cernia nei documentari di Jacques Cousteau. Risponde a tono (è allenatissimo), ma è lo sguardo tondissimo e fisso che colpisce - ma affratella - lo spettatore, il quale si sente portatore dello stesso sentimento di sgomento.
Da dove veniamo? Dove andiamo? Chi siamo?
Quando vincerà il prossimo scudetto il Genoa?
Di tutti coloro che sono preposti a sciogliere questi dubbi, Gasparri è il più promettente. Il suo volto sbalordito ci fa sperare che sia proprio lui il primo a confessarci (finalmente) che non lo sappiamo, nè mai lo sapremo...Pubblicato da AlBo a 15:13
lunedì 4 luglio 2011
Carosello Napoletano
Giggino Settebellezze sul trattore
di Mimmo Carratelli
Le casse sono vuote,
donna Rosa se ne è andata,
non c'è un euro in entrata.
Come è triste il bilancio soltanto dieci anni dopo.
Multe e tasse non riscosse.
Traffico e munnezza.
Cantieri e scarsa sicurezza.
Rosa ca luceva e mo' nun luce.
Una donna immobile,
permanente al vento,
rauca d'accento e di pensiero
(è sempre misero chi a lei s'affida).
Lasciando Napoli e i napoletani cattivi,
la permarosa disse vediamo che sape fa' 'o bello guaglione
(tu si' guaglione che t'è miso 'ncapa).
Dieci anni di vuoto a perdere.
Ma ora c'è Giggino Settebellezze.
E' bello dentro, è bello fuori,
la taglia dei valori.
Tutta Napoli fa' suspira'.
S'alza all'alba, spazza i rifiuti alla guida del trattore.
Mette al bando il termovalorizzatore,
'a camorra se ne more.
E se posa per Toscani,
nella foto di fierezza tiene in mano la monnezza.
Il sacchetto ha il colore della lega
e quel verde non ci frega.
Tutta ironica è la sfida al razzismo di Pontida.
Un messaggio verde e grezzo agli sproloqui di Borghezio.
Un messaggio di ribellione a Calderoli che si oppone.
Un messaggio al percolato per il Bossi che vuole un
Paese metà buono e metà dannato.
Il calore di Napoli contro il cuore freddo della Padania e il gelodurismo).
Se il decreto del Berlusca sui rifiuti è solo crusca,
la città si dà una mossa, sente un vento di riscossa.
Giggino il vomerese taglia sprechi,
taglia spese, con rigore e trasparenza,
è finito il tempo buio
quando tutti avanzavano in paranza.
E al bilancio, very good,
è tornato Robin Hood.
A sementa ha detto senta,
voglio vigili efficienti
nelle strade e nelle piazze
( queste sì, so' cose 'e pazze).
Nel Pd mal di pancia a mezzodì.
Nella destra in declino s'è perduto Cosentino.
Che emozione, questa è l'epoca arancione.
Senza veti e opposizione.
Singhiozziamo di piacere.
Slup, slup, slup.
A Palazzo San Giacomo c'è l'incredibile Hulck.
di Mimmo Carratelli
Le casse sono vuote,
donna Rosa se ne è andata,
non c'è un euro in entrata.
Come è triste il bilancio soltanto dieci anni dopo.
Multe e tasse non riscosse.
Traffico e munnezza.
Cantieri e scarsa sicurezza.
Rosa ca luceva e mo' nun luce.
Una donna immobile,
permanente al vento,
rauca d'accento e di pensiero
(è sempre misero chi a lei s'affida).
Lasciando Napoli e i napoletani cattivi,
la permarosa disse vediamo che sape fa' 'o bello guaglione
(tu si' guaglione che t'è miso 'ncapa).
Dieci anni di vuoto a perdere.
Ma ora c'è Giggino Settebellezze.
E' bello dentro, è bello fuori,
la taglia dei valori.
Tutta Napoli fa' suspira'.
S'alza all'alba, spazza i rifiuti alla guida del trattore.
Mette al bando il termovalorizzatore,
'a camorra se ne more.
E se posa per Toscani,
nella foto di fierezza tiene in mano la monnezza.
Il sacchetto ha il colore della lega
e quel verde non ci frega.
Tutta ironica è la sfida al razzismo di Pontida.
Un messaggio verde e grezzo agli sproloqui di Borghezio.
Un messaggio di ribellione a Calderoli che si oppone.
Un messaggio al percolato per il Bossi che vuole un
Paese metà buono e metà dannato.
Il calore di Napoli contro il cuore freddo della Padania e il gelodurismo).
Se il decreto del Berlusca sui rifiuti è solo crusca,
la città si dà una mossa, sente un vento di riscossa.
Giggino il vomerese taglia sprechi,
taglia spese, con rigore e trasparenza,
è finito il tempo buio
quando tutti avanzavano in paranza.
E al bilancio, very good,
è tornato Robin Hood.
A sementa ha detto senta,
voglio vigili efficienti
nelle strade e nelle piazze
( queste sì, so' cose 'e pazze).
Nel Pd mal di pancia a mezzodì.
Nella destra in declino s'è perduto Cosentino.
Che emozione, questa è l'epoca arancione.
Senza veti e opposizione.
Singhiozziamo di piacere.
Slup, slup, slup.
A Palazzo San Giacomo c'è l'incredibile Hulck.
sabato 4 giugno 2011
UN NONNO ARZILLO E UN POVERO MANDRILLO
BLOG di Carlo Cornaglia
giugno 2011
Festa della Repubblica.
I Grandi del mondo in visita da Napolitano per festeggiare i 150 anni dell’Unità. Come vive la festa il microbo fra i Grandi, fra una pennichella e una gaffe, fra una fuga dai fischi e un mare di invidia, fra i luminosi ricordi e un fosco futuro.
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Un nonno arzillo e un povero mandrillo
E’ la Festa dei centocinquanta anni
ed i Grandi son da Napolitano,
mentre il premier, da vecchio barbagianni,
fa un pisolin da loro non lontano
o ad occhi chiusi pensa a quel G8
con il trionfo a L’Aquila post sisma,
al tempo in cui non era ancor decotto
e passava per pieno di carisma.
Ad personam poi giunse il terremoto…,
bocciati tutti i trucchi di Angelino,
cento comuni persi con il voto,
nel Pdl ormai grande casino,
la lista dei reati che si allunga,
un piovere di fischi ovunque vada,
cancellato il relax da bunga bunga,
ostile dei padani la masnada,
ricattato dai turpi Scilipoti,
con quattro referendum già perduti
prima ancora che il popolo li voti,
con centinaia di milion fottuti
per la sentenza sulla Mondadori
che molto presto lo rovinerà…
E qui, Napolitan che fa furori,
osannato dalle celebrità
ed invocato da entusiaste folle.
Un tarlo gli devasta il capoccione:
invece di salire all’alto Colle
con le manette finirà in prigione.
“Scendi in campo o ti aspetta la galera…”
aveva suggerito la sua mamma,
mentre si avvicinava la bufera.
Discese, ma inciampò. Ed ora è un dramma.
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