L'ultimo sospetto
di MASSIMO GIANNINI
Diciassette anni per coronare un'avventura autocratica e populista, e trentotto leggi ad personam per piegare il codice penale all'interesse personale, non sono ancora bastati. Come l'ombra di Banco, l'ossessione giudiziaria di Silvio Berlusconi continua a dominare la scena. E grava pesantemente anche sulla "convergenza tripartita" che sostiene il governo "strano" di Mario Monti.
Il vertice di giovedì sera a Palazzo Chigi registra "passi avanti". Si parla di correzioni al disegno di legge anti-corruzione, con l'introduzione di nuovi reati (corruzione privata, traffico d'influenza), ma accompagnata dalla soppressione di altri più gravi (concussione). Si ipotizzano opportune modifiche al disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati, ma accompagnate dall'insensato rilancio della legge-bavaglio sulle intercettazioni. Segnali contraddittori, che fanno pensare. E ancora una volta fanno sospettare. Siamo di nuovo davanti a un Grande Ricatto, che presuppone un Grande Baratto? Il Cavaliere è pronto a rinunciare alla "vendetta" contro le toghe, in cambio di un'ultima norma su misura che lo salvi dal processo Ruby?
La giustizia penale e civile va riformata. Questo non è in discussione. Il valore politico e simbolico di questa riforma, soprattutto all'estero e soprattutto per le imprese, è pari a quella dell'articolo 18. Dunque, il presidente del Consiglio fa benissimo a imporla nell'agenda, e ad esigere che Alfano, Bersani e Casini ne due giorni fa.Il nodo vero è capire perché si fa e a chi giova la riforma. Sul fronte penale, l'Italia tuttora martoriata dagli scandali ha una priorità assoluta: varare al più presto una seria legge contro la corruzione, un cancro che secondo la Corte dei conti "costa" ogni anno più di 60 miliardi.
Il disegno di legge varato dal Pdl prima della caduta del governo Berlusconi giace alla Camera, in Commissione Giustizia e Affari Costituzionali. Il Guardasigilli Paola Severino, su mandato di Monti, vuole rafforzare e migliorare quel testo. Su come rafforzarlo nel merito, i tre leader di Pdl, Pd e Udc durante il vertice di maggioranza pare non siano scesi ufficialmente in dettaglio. Avrebbero convenuto sul metodo, cioè sull'opportunità di procedere con un emendamento, che assicura un iter più rapido rispetto a una legge delega. E questo sarebbe tutto.
Ma le diplomazie dei partiti, più o meno segretamente, sono al lavoro da tempo. Ed è qui che si nascondono il ricatto, e forse anche il baratto. Dietro lo specchietto delle allodole di un inasprimento delle pene per la corruzione e per l'estorsione aggravata, oltre che dell'introduzione di nuove fattispecie di reato come la corruzione privata e il traffico d'influenze, la norma-chiave del pacchetto di modifiche di cui si sta discutendo riguarda la soppressione del reato di concussione.
Una modifica alla quale l'avvocato-parlamentare del Cavaliere, Niccolò Ghedini, tiene più che a ogni altra. Si tratta di abolire l'articolo 317 del codice penale, che prevede una pena fino a 12 anni per chiunque, abusando della propria posizione di pubblico ufficiale, ottenga da un altro soggetto denaro o altri vantaggi per sé o per un terzo. Perché sia così utile cancellare questa norma è evidente: la concussione (insieme alla prostituzione minorile) è uno dei due reati per i quali è imputato Berlusconi, nel processo su Ruby Rubacuori.
Fu esattamente abusando della sua posizione di pubblico ufficiale (nel caso specifico, presidente del Consiglio) che il Cavaliere chiese ed ottenne da un funzionario, durante la famosa telefonata notturna alla Questura di Milano, il rilascio della ragazza marocchina perché "nipote di Mubarak".
Se dunque nel disegno di legge anti-corruzione passasse l'emendamento che cancella il reato di concussione dal codice, Berlusconi sarebbe salvo anche da questo processo incardinato a Milano. Questa sarebbe per lui una causa immediata di proscioglimento. Resterebbe il reato di prostituzione minorile, più difficile da provare, con pena inferiore e termini di prescrizione ridotti. A questo punta Ghedini, il Dottor Stranamore del Pdl. Il paradosso è che, a dargli una mano, è stato il Pd, come ha anticipato il "Sole 24 Ore" il 2 marzo.
In commissione i democratici (dopo averlo presentato una prima volta e poi ritirato a Palazzo Madama nel giugno 2011) hanno infatti ri-presentato un emendamento che abroga la concussione, e ne riassorbe la fattispecie nei reati di corruzione allargata ed estersione aggravata. Una mossa incomprensibile, che da quanto si sa ha destato persino una certa "attenzione" da parte del Quirinale. Donatella Ferranti e Andrea Orlando, come altri colleghi del Pdl e dell'Udc, la giustificano con i ripetuti richiami degli organismi europei e sovra-nazionali, che da oltre due anni chiedono all'Italia di rafforzare le norme contro la corruzione e a correggere quelle sulla concussione.
L'argomento è debole. Gli obiettivi voluti dall'Ocse hanno un'impronta restrittiva, e non vanno nella direzione abrogativa voluta dal Pd. Nella concussione italiana il "concusso" è considerato vittima e dunque non è punibile, e questo (secondo l'Organizzazione dei Paesi industrializzati) può rappresentare un freno all'investigazione e alla repressione dei fenomeni di corruzione internazionale.
C'è allora da chiedersi il perché, di questa convergenza trasversale sul colpo di spugna della concussione, che avrebbe un effetto immediato su un processo in corso molto delicato e imbarazzante per il "Papi" di Arcore. C'è da chiedersi perché ci si concentri su questo, invece di riscrivere le norme scellerate come la ex Cirelli sulla prescrizione, che ogni anno "brucia" 169 mila processi e "scagiona" soprattutto gli imputati per corruzione.
E c'è da chiedersi perché, mentre alla Camera la "convergenza tripartita" si applica a questa nuova ipotesi di compromesso "ad personam", al Senato il Pdl è pronto a mitigare di molto le norme di un altro disegno di legge che ha spaccato le istituzioni e il Paese, quello sulla responsabilità civile dei magistrati. Un blitz del leghista Pini, nella prima lettura di Montecitorio, lo aveva incattivito in modo intollerabile, aggiungendo alle cause di responsabilità diretta e personale delle toghe non solo il dolo e la colpa grave, ma anche la "manifesta violazione del diritto".
Ora il Popolo delle Libertà, come ha annunciato Alfano al vertice di giovedì sera da Monti, fa retromarcia e ri-rompe l'asse con la Lega. Ridicolo pensare che lo abbia convinto il parere unanime del Csm, che giudica questa norma tanto "devastante" da causare "l'implosione del sistema giudiziario". E allora perché lo fa? Cosa è cambiato dal mese scorso, quando la ex maggioranza forzaleghista si ricompose per un giorno, mandando sotto il governo?
Sono domande che per ora non hanno risposta. Ma se i fatti hanno ancora una logica, una risposta si può trovare. Nello schema da Grosse Koalition all'italiana, che pure sta obiettivamente salvando l'Italia dalla tempesta finanziaria, forse c'è ancora bisogno di un altro salvacondotto per il Cavaliere. C'è ancora bisogno di un ultimo atto da "stato di eccezione", che ha drammaticamente segnato il quasi Ventennio berlusconiano. Se è così, almeno lo si dica ai cittadini italiani. La politica ci metta la faccia. Alla luce del sole. Non al buio dei vertici notturni della "non-maggioranza".
m.giannini@repubblica.it
sabato 17 marzo 2012
L'EDITORIALE
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