venerdì 8 gennaio 2010

ricordi d'infanzia...e donne di una volta

I vecchi e i giovani

di Antonino Puglisi Allegra



In questo mondo ormai degenerato, preda del nulla e in mano alle cosiddette multinazionali e a personaggi che fanno largo uso di manipolatori di cervelli, dove tutto e tutti sono in vendita come in un ipermercato globale, di tanto in tanto mi piace tornare con la mente ad un passato ormai lontano.
Nel silenzio agreste del mio borgo, mentre fuori diluvia, ripenso agli anni della mia infanzia, quando trascorrevo intere giornate a casa della mia nonna materna, un minuscolo appartamento del genio civile posto al pianterreno di una palazzina della periferia di Messina.
Le palazzine erano state costruiite nel 1927 e lo si leggeva nello stemma del fascio infisso nelle loro facciate, con l'immancabile "V anno E.F.".
A quel tempo frequentavo la prima elementare e perciò scoperto l'alfabeto mi divertivo a leggere qualsiasi cosa mi capitasse a tiro, "vizio" che m'è rimasto fino ad oggi.
Perciò quando lessi l'iscrizione sullo stemma, chiesi a mia nonna cosa significasse quel simbolo con quei legnetti legati e con una scure. Mia nonna mi spiegò che quello era il simbolo del fascismo, un partito che aveva dominato e rovinato l'Italia e la sua gioventù. Da quel giorno mia nonna mi parlò dei tanti avvenimenti che avevano scandito la sua vita: del terremoto del 1908 e del dopo-terremoto, della guerra di Libia e della prima guerra mondiale, dell'avvento del fascismo e della tragedia che era stato per l'Italia, della fame e delle guerre nelle quali aveva cacciato il nostro Paese, della Liberazione e della grande miseria del dopoguerra, che io avevo conosciuto solo marginalmente, per mia fortuna.

Ricordava quando nel 1937, molti cercarono disperatamente di arruolarsi volontari per la guerra di Spagna, soltanto per garantire il pane alla famiglia. Mussolini prometteva una buona paga giornaliera ai soldati che andava a combattere lì e molti partivano pur sapendo che probabilmente non sarebbero tornati vivi.
I fascisti facevano solo prepotenze, sicuri del fatto che nessuna autorità li avrebbe puniti.
Guai se una persona entrava in contrasto con qualcuno di loro, anche per un nonnulla. Venivano portati alla casa del fascio, pestati e incarcerati senza alcun motivo.
Raccontava che a Gazzi c‘era una famiglia i cui componenti erano tutti fascisti, dal neonato in “fasce nere” fino al nonno vecchio rincoglionito ed erano i “Fiduciari” del fascio di Gazzi, gestendo la refezione scolastica delle scuole elementari che allora erano situate nel plesso di Mangialupi.

Forti della loro posizione, rubavano i viveri della mensa scolastica, minacciando le insegnanti di ritorsioni qualora avessero parlato. Un giorno dell’anno scolastico 1939-40 mia madre e mio zio, allora rispettivamente di 10 e 7 anni, tornarono dalla scuola piangendo.
Le maestre li avevano fatti alzare dai banchi della refezione e mandati a casa, in quanto mio nonno non solo non era iscritto al partito fascista, ma era stato licenziato per “scarso rendimento” dalle Ferrovie dello Stato, in quanto preso di mira da un caporeparto fascista.
Suo padre, brigadiere dei vigili urbani ormai in pensione, era anch’esso “segnalato” per i suoi trascorsi di lotta all’interno del Corpo assieme ad altri colleghi ed al vice-comandante, contro un comandante messo lì dal partito fascista, il quale chiudeva tutti e due gli occhi sulle ruberie di quei fascisti reduci dalla "Marcia su Roma" che erano stati aggregati al Corpo e che arrivavano a taglieggiare gli altri colleghi, facendosi consegnare una percentuale dello stipendio!

Quando mia nonna vide i suoi figli piangere, chiese loro il perché ed avendone avuta la risposta, come una furia andò a scuola. Entrò e dirigendosi verso le insegnanti urlò: “I miei figli sono Italiani come tutti gli altri, non sono né Inglesi nè figli di Inglesi. Perciò hanno diritto alla refezione scolastica. Non avete alcun diritto di far tornare a casa dei bambini in lacrime, escludendoli dalla mensa e facendoli sentire diversi dagli altri. I bambini non fanno politica e non ne sanno nulla”.
Una maestra tentò di giustificarsi biascicando che c’erano stati “ordini superiori” in tal senso.
Ma mia nonna di rimando gli disse che avrebbero potuto “ridurre le razioni” dei "fiduciari", dando da mangiare a tutti i bambini. La maestra accusò il colpo e promise che non avrebbe fatto più distinzioni… politiche.
Per le cronaca la famiglia "super-fascista" il 25 luglio 1943 sparì da Gazzi, tornando solamente quando dopo l’amnistia concessa da Togliatti nel 1946.

Mia nonna era una donna del 1905, con la licenza elementare, ma aveva il culto della libertà e della democrazia, che mi ha trasmesso.
E se fosse vissuta fino ai nostri giorni, non si sarebbe lasciata abbindolare dalle "facce mascherate" della politica attuale, identificandoli quali "fascisti in doppiopetto".
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Per l'anno che verrà ho un sogno: che i lillipuziani si sveglino dal lungo sonno e finalmente comprendano che ci stanno buggerando.
Tirino fuori le palle e diventino un popolo da trattare con rispetto, prendendo a calci nel sedere, assieme ai suoi servi, l'arricchito che si crede il re e dio d'una monarchia orientale...



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